Riflettere
A volte mi sembra di aver raggiunto una comprensione profonda delle cose. Altre volte di non aver capito assolutamente nulla. Amo conoscere le storie delle persone, le loro vite. Sapere cosa le ha portate ad essere loro. Cosa hanno attraversato, cosa gli è mancato, come sono arrivati ad un obiettivo. Poter riflettere su come la vita ci può plasmare, su come possiamo affrontare una situazione difficile, cogliere la capacità dell'esser umano di fare fronte alle sfide che ogni giorno la vita ci mette davanti. Mi dà l'ispirazione per trovare a volte i miei passi, le mie soluzioni, vedere che non c'è solo una strada o un modo per vivere.
A volte la vita ti spezza. In un modo che forse non è riparabile. Ho visto persone spezzate andare avanti pure con le loro fratture, con le loro inconsolabili crepe. Eppure forse va bene anche così. Ogni vita è degna. Chi lo dice che una persona intera sia meglio di una frantumata?! Delle ceramiche crepate i giapponesi hanno fatto un'arte.
Riflettere e non giudicare. Riflettere viene da riflesso. Come a dire che per comprendere occorre osservare la realtà. Guardarla nella sua complessità. Come si guarda un quadro. Come si guarda il nostro inconscio attraverso una seduta di costellazioni familiari. Per ampliare la visuale, per avere una vista più completa, per cavare fuori da noi a volte quella verità che non potremmo cogliere rimanendo dentro noi stessi. E poi la parola riflettere mi fa pensare al verbo flettere. Mi fa venire in mente l'immagine di qualcuno che si piega su se stesso. Come se per comprendere abbiamo bisogno di farci piccoli, di fare un inchino di fronte alle vite degli altri, di avvicinarcisi con delicatezza, con rispetto, in punta di piedi.
Per comprendere in profondità oppure per continuare a non capire nulla.
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