Il nostro vero Sé sotto l'ombrellone
Oggi in spiaggia ho avuto un incredibile insight. Le mie vicine di ombrellone sono delle donne non di primo pelo e forse nemmeno di secondo.
Hanno iniziato a farsi dei selfie in costume e pareo con orecchini abbinati e con tanto di gambetta alzata sulla sdraio.
Il mio primo riflesso mentale è stato commentare dentro di me "tardone". Ho pensato a mia madre che era era una donna bellissima, di grande fascino ma talvolta di grande severità. Ho pensato anche lei era bella, ma non l'avrebbe mai fatto. La mia mente è andata a quella che dentro di me è evidentemente il mio arbitro interno, il mio metro di giudizio. Ho pensato che nemmeno la mia bellissima nonna materna si sarebbe fatta fotografare così.
Poi ho riflettuto sul fatto che "chi dice che una donna un po' in là con gli anni non possa farsi fare dei selfie in costume? Chi dice che non va bene? Chi stabilisce che quella cosa è sbagliata (e il suo contrario invece è giusto?). Io..noi. il nostro giudice interiore.
In questo periodo mi sono capitate sotto gli occhi alcune citazioni di maestri spirituali che dicevano che per diventare noi occorre abbandonare tutto quello che sappiamo e che abbiamo imparato negli anni e questo leit motiv mi balla in testa da qualche giorno come un richiamo lontano, come il rumore del mare dentro la conchiglia.
Poi una di queste donne inizia a sparare domande a raffica su di me, sulla mia vita, sulla mia primogenita, sulla gelosia tra fratelli.
Il mio primo istinto è di sentirmi invasa da tutte queste domande, come se si trattasse di un interrogatorio. Anche qui vado alla mia infanzia, a quello che mi è stato insegnato: a non chiedere o a chiedere solo in un certo modo, con un certo riserbo, con una certa discrezione.
Il messaggio di sottofondo di questo insegnamento però è che c'era qualcosa che non andava nel chiedere, qualcosa che poteva invadere l'altro o farlo sentire invaso, chiedere non andava bene. E in effetti tutt'ora non faccio tutte le domande che desidero fare, per non invadere, per non esser sfacciata.
Ecco di nuovo un insegnamento assorbito che è entrato a fare parte di me e di ciò che sono senza che io mi sia mai chiesta (giust'appunto) se questo modo mi andasse bene davvero.
Allora ho iniziato a pensare: e se io non fossi io? Con il bagaglio di cose che mi sono state insegnate, tramandate e che nel tempo sono finite per costruire la persona che sono oggi, che succederebbe? In fondo ci si identifica non solo nei ruoli che rivestiamo ma anche nei comportamenti che mettiamo in atto (che ci definiscono: "sono fatto così", "quella cosa per me è inaccettabile").
E allora ho iniziato a riflettere sul fatto che quello della signora dell'ombrellone fosse solo un modo di chiedere, niente di più. La signora voleva sapere e ha chiesto, non c'era giudizio, non c'era un messaggio di sottofondo. E allora ho smesso di avvertire quel fastidio.
Ma questo ha sollevato altre domande dentro di me: e se quello che mi è stato insegnato dal mio arbitro interno anziché definire, sottolineare, ispessire la mia identità e personalità avesse invece creato soltanto un guscio di noce in cui navigo da parecchi lustri ma che di fatto mi impedisce di essere chi sono veramente o chi posso essere o chi desidero diventare?
Vi siete mai chiesti quanto la vostra educazione abbia indebolito le possibilità di evoluzione della vostra anima anziché aver rafforzato l'idea di chi siete?
Se potessimo imparare ( e sento che è possibile) che possiamo ampliare l'orizzonte di chi siamo scegliendo ogni giorno o scegliendo diversamente da come ci è stato insegnato ci avvicineremmo di più al nostro Vero Sé e nel farlo non tradiremmo nessuno, né nostra madre, o nostra nonna né nostro padre o qualunque altra figura genitoriale ci sia stata nella nostra infanzia.
E allora io mi esercito a chiedere, ad osare, a darmi il permesso di sapere, di scoprire un mondo che probabilmente mi ero preclusa da sola..vediamo come va.
Commenti
Posta un commento