Io e la solitudine non siamo mai andate
tanto d'accordo. Non mi è mai piaciuta quella, sempre un po'
saccente e precisina, mi ha sempre un po' squadrato dalla testa ai
piedi con fare sprezzante. Ho cercato di tenerla lontana tantissime
volte, tradendola con ogni persona, con ogni amicizia, con ogni
sguardo, ma la verità è che siamo sempre state una coppia di fatto.
Siamo sempre state indivisibili, fin da
quando da bambina mia sorella mi trascinava a giocare con i suoi
amichetti nel cortile di casa dei miei, ed io mi sentivo diversa,
esclusa, la palla al piede. Mia sorella doveva badare a me e
preoccuparsi che non frignassi troppo anziché giocare a “Chi ha
paura dello sparviero” con i suoi coetanei.
Io e la solitudine abbiamo avuto un
rapporto strettissimo alle soglie dell'adolescenza, quando conobbi
quella che pensavo essere la mia amica del cuore per tutta la vita,
Elisabetta. Quest'ultima dopo avermi giurato fedeltà eterna passò
alla fazione opposta ( a cui inizialmente insieme a me aveva
dichiarato guerra), quella delle “bellone” per diventare la
grande, grandissima amica della ragazza più popolare della scuola.
Allora la solitudine venne da me, mi abbracciò forte, mi diede una
pacca sulle spalle e ce ne andammo a braccetto ( a mio malgrado) per
i successivi due anni.
La solitudine è sempre stata un po'
gelosa di me, ogni volta che conoscevo un ragazzo carino e simpatico
quella mi suggeriva battutacce acide per farli scappare e così
poteva avermi tutta per se.
Durante i primi anni del liceo la
solitudine prese il sopravvento: si metteva le mie scarpe, i miei
vestiti, stava sempre con me a studiare, a guardare mtv e un sacco di
bei programmi in televisione.
Dopo aver passato parecchi lustri con
lei decisi che questo rapporto era arrivato alla frutta, avevo
bisogno di nuovi stimoli, di nuove amicizie. Purtroppo ogni volta
tutte le persone che frequentavo non reggevano il confronto con lei,
gli altri erano troppo superficiali, troppo belli o troppo brutti
insomma troppo e basta. Tuttavia avere a che fare con lei non era
affatto semplice:mi metteva in soggezione: stava in silenzio per
troppo tempo, o a volte faceva tantissime domande, a raffica senza
darmi il tempo di rispondere o di pensare. Diceva cose complicate o
scomode e di starla a sentire proprio non avevo voglia. Ma più la
respingevo, più le situazioni mi portavano a pensare che dedicarle
del tempo fosse indispensabile e irrinunciabile.
Imparai col tempo che non possiamo
cambiare gli altri, possiamo cambiare il modo con cui noi ci
relazioniamo agli altri. Questa scoperta mi portò ad avere un
rapporto meno critico con la solitudine: iniziai ad uscire con lei,
iniziammo ad andare in centro a fare shopping, a prenderci un caffè
ogni tanto e a parlare del più e del meno come due grandissime
amiche.
Oggi per me è diventata un'incredibile
fonte di ispirazione, credereste che quello che sto scrivendo me l'ha
dettato lei, se ve lo dicessi?
foto da Studcenter.com
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