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E viaggerò, andrò lontano. Non tanto per vedere posti nuovi ma soprattutto per vedere i posti vecchi e la mia “vecchia” vita con occhi nuovi. Mi allontanerò da qui, da quello che sono stata, da quello che siamo stati per trovare alle cose e ai giorni un significato diverso, un senso nuovo. E passerà il tempo, correranno i giorni, i minuti e i secondi ed io indirizzata verso ciò che sono destinata ad essere, mi sveglierò nuova e diversa: mi guarderò allo specchio e vedrò una luce differente nei miei occhi. E tutto troverà un senso, una collocazione, un significato.
Ora vorrei solo che tutto passasse, vorrei che il tempo potesse correre ed io con lui, vorrei poter dimenticare, cancellare, girare pagina e voilà: essere in un nuovo libro.
Ma so che tutto ha ragione di essere: il tempo, i giorni, gli attimi, la solitudine, la nostalgia. Ed è inevitabile passare attraverso questo: attraversare il buio, camminare per una strada stretta, per un vicoletto cieco e sordo. Così come è inevitabile, per arrivare in un posto nuovo, essere disposti ad attraversare quello che ci separa da esso: accogliere il dubbio, accettare quello che non conosciamo e che ci spaventa. Ed il senso non è dove si arriva, ma il percorso che ci fa arrivare fin lì: la strada, gli scalini, il vento, la pioggia e le prove per affrontare tutto questo.
Come ogni viaggio che si rispetti, la distanza è necessaria, imprescindibile. E con essa la paura. Il timore di non conoscere, di non sapere, di poter fallire. Il vero errore non è avere paura, ma permettere alla paura di impedire il nostro viaggio: perchè allora nulla davvero potrebbe aver senso, tutto sarebbe la brutta copia di un tema mai scritto in bella. Nulla troverebbe la sua collocazione, tutto sarebbe vano e vuoto. Viaggerò, per arrivare non in un posto fisico ma in un luogo dove finalmente potrò conoscermi e riconoscermi e riscoprirmi nuova e diversa. Così tutto troverà un suo spazio e un suo posto, un senso nell'ordine delle cose.

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