Mi sento affranta quest'oggi. Come se qualcosa dentro di me si fosse spezzato. Ci sono giorni in cui mi sembra di non avere una consistenza, di potermi dissolvere come il fumo nell'aria. Ogni tanto mi prende questo senso di inutilità delle cose e dei comportamenti. Mi rendo conto della mia fragilità e non mi piace. Non riesco ad amarla. La vedo e, come un genitore che vorrebbe che il figlio fosse diverso, cerco di scacciarla via ma per farlo dovrei scacciare una parte di me e non è possibile.
Accogliersi. Che vuol dire accogliersi. È difficile. Non me l'hanno insegnato, non ho fatto un corso e forse nemmeno ci sono portata. Cerco quantomeno di imparare a rassegnarmi ad essere quel che sono, che tanto diversa non è possibile. Alla fine la vita è una lunga convivenza con quello che siamo. E forse è la parte più complicata. Forse.
Non riesco più a scrivere o meglio non riesco a scrivere con la leggerezza di un tempo. Non mi piace. Mi sembra che mi manchi qualcosa ma invece forse sono solo più consapevole (o spaventata?).
Un anno fa consegnavo la bozza del mio libro alla stamperia che ha reso una realtà concreta un sogno coltivato per dieci lunghi anni. Non sapevo cosa stavo facendo. Non sapevo cosa volesse dire scrivere un libro. Non sapevo cosa fosse portarlo alla luce. Forse è stato quella totale ignoranza, quell' incoscienza di chi non sa bene le cose ma vuole farle lo stesso che mi ha spinto a buttarmi in questa incredibile avventura. In questa strada acciottolata ed in salita.
Ora però so cosa vuol dire consegnare alla stampa qualcosa che hai scritto, farlo leggere. So cosa si prova ad essere "giudicati".
Le critiche possono essere una gran seccatura oppure no. Inoltre possono essere una risorsa, una possibilità, un motivo di cambiamento e di miglioramento. Oppure semplicemente una prova per dirsi che si vuole andare avanti a fare una cosa. Anche solo per il gusto di farla. Ecco io sono in questo punto esatto . A chiedermi se voglio imparare, migliorare da quelle critiche oppure se sia semplicemente il caso di saltarle come faceva quel tizio che pubblicizzava l'olio cuore saltando una staccionata. Forse per saltarle serve metterci solo un po' più di cuore.
Credo che sia giusto interrogarsi per dirsi perché si scrive ma non farsi guidare dal destinatario, dal pubblico. Non farsi deviare dalle critiche. Per quanto possano regalare un punto di vista diverso dalle cose. Se vorrò scriverò per scrivere. Se penso questo, solo se penso questo riesco a continuare.
Però scrivere di non riuscire a scrivere è sempre un modo di riconnettersi ad un impulso primario. Quindi ho già ricominciato a scrivere!
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