Vivere con più vita

 

La morte ci rende solo più consapevoli. Quando mia madre è morta ho dovuto scegliere quale sarebbe stata la sua bara. E’ stato un momento tremendo, vero, di una realtà tagliente e concreta che da una parte stavo male dall’altro vedevo la sadica ironia della vita.

“Perché devo fare io questa scelta per te mamma? Perché non mi hai lasciato un vademecum di cosa avresti voluto, come lo avresti voluto? Legno bianco, legno nero? Ma quanto deve costare una bara per essere degna di mia madre? E i fiori? Che fiori avresti voluto mamma? Bianchi? Rossi? Rose? Fiori di campo? “

E una parte di me stava in quella che mi sembrava una pantomima, una recita ai fini del grande business della morte, una parte di me diceva che aveva senso fare ogni scelta con cura, la cura dei dettagli che tanto mi piace (che poi dettagli non sono).

“E volete la foto sulla bara? Una piccola miniatura in bianco e nero? E volete mettere il nome?” Ci chiedeva il tipo dell’impresa funebre con una semplicità e una spontaneità disarmanti per il momento che stavamo vivendo.

Io mi sentivo piccola. Piccola di fronte a delle scelte grandi. Arrabbiata con mia madre perché mi aveva messo in quella situazione, di fronte a tutte quelle scelte, importanti e non importanti al tempo stesso.

Mi sono chiesta in quel momento cosa sia la nostra vita. Che senso ha. Che senso ha chiedersi se una bara e un mazzo di fiori siano sufficientemente adeguati per una persona. Che senso abbiamo noi? Possono scelte come queste dire chi è una persona? Chi è stata per noi? Dov’era mia madre in quel momento? Altrove oppure accanto a noi a commentare le nostre scelte?

Ho pensato a quando sarebbe successo a me, a dire ai miei figli: “spendete il meno possibile tanto me ne sarò già andata e non mi arrabbierò se sceglierete la bara che costa di meno, sono tutte sciocchezze! “

Perché il valore delle cose passa (purtroppamente) per quello che spendiamo per quelle cose e una spesa piccola nell’immaginario collettivo (anche nel mio) significa che la persona vale poco. E quando si parla di morte tutto si amplifica, questo è incredibile. E’ solo un business oppure la morte davvero è rivestita (a ragione) di grandissimi significati?

Durante la festa di Ognissanti sono andata al cimitero a trovare i miei genitori.

“Proprio oggi? “

“Si.”

“ Ma non ci vanno tutti oggi? Ci sarà un casino!”

“ È il giorno giusto per andare questo”.



Ogni volta che entro al cimitero sento il tempo dilatarsi come cotone. E quando esco mi sembra di essere invecchiata almeno di dieci anni. Capita qualcosa lì dentro, non so cosa ma questo è ciò che avverto ogni volta. Guardo le foto, leggo i nomi: raccontano una storia, un’epoca. Osservo le espressioni, le acconciature, le barbe e so che sono davanti a tantissime vite, a tanti ricordi. E’ come un viaggio nel tempo, mentre scrivo rifletto che forse è per questo che mi sento stanca poi: si attraversano mille cose in un cimitero. E poi ci sono le tombe a terra che sono spesso dei monumenti in miniatura. E’ bello vedere la cura con cui le immagini, le piccole statue, i portafiori sono stati scelti. Sono delle storie d’amore. Anche se la persona non c’è più li rimane l’amore di chi ha voluto ricordare le persone in un modo o in un altro. E questo non è business, non può esserlo. Questo è il cuore che si manifesta così. La morte credo ci renda solo più consapevoli di una serie di cose, dell’importanza di una persona, di ciò che ha significato per noi, del ricordo che ci portiamo di lei e di come desideriamo ricordare chi non c’è più. E così ho pensato anche all’importanza di avere un luogo fisico in cui ricordare qualcuno. Li giace il suo corpo, li c’è il suo nome, la sua data di nascita, la data in cui è partito o partita per un viaggio lunghissimo, lì ce la frase che abbiamo deciso di far scrivere sulla sua lapide e poi c’è la foto: il modo più diretto, intenso per ricordarlo/a e per creare una connessione con questa persona. Queste cose sono importanti, fanno la differenza? Certamente. Le tombe sono piccoli altari dove pregare chi non c’è più. Certo potremmo pregarli anche a casa, davanti ad una fotografia oppure in qualunque momento in cui li pensiamo (a prescindere da dove ci troviamo). Ma provate ad immaginare se il nostro amato non avesse una tomba, se ci fosse negato di dargli sepoltura . mi viene in mente il verso di Ugo Foscolo in a Zacinto quando parla di “illacrimata sepoltura”, lui che per ragioni politiche non potè tornare in patria e non potè né essere sepolto né essere “pianto” dai suoi cari. A questo pensiero mi si apre una voragine tra petto e cuore e questo vorrà pur dire qualcosa, no?

Ho riflettuto molto se scrivere questo post e se pubblicarlo. Sono convinta che tra chi lo leggerà ci sarà chi lo troverà troppo crudo. Eppure ho sentito al contempo l’importanza di farlo. Non è che io passi tutti i giorni a pensare alla morte ovviamente (e grazie a Dio, mi viene anche da dire) ma come dice Gabriele Policardo e Carlotta Trumino in questa intervista il pensiero della morte ci rende più vivi e più consapevoli di molte cose, della vita, dell’importanza di vivere in un certo modo o quantomeno di vivere con consapevolezza, di fare scelte consapevoli. Paradossalmente il pensiero della morte mi fa vivere con uno slancio diverso. No, non sono tutte pantomime, no non è solo un business (quantomeno non solo). La morte ci costringe a farci mille domande, a riflettere, a chiedere. Chiederci anche come vogliamo essere ricordati e pertanto a chiederci come vogliamo vivere, come possiamo vivere, che alternative abbiamo davanti. Ma mentre ci chiediamo queste cose occorre ricordarci ogni giorno che siamo vivi, ogni giorno che ogni scelta ogni nostro passo nel mondo fa la differenza. E poi occorre vivere, ma vivere davvero. Pienamente, intensamente, vivere con più vita diceva un saggio uomo di nome Rolando Toro Araneda e forse è questo davvero che vorrebbero per noi i nostri cari. Che continuassimo a vivere, anche per loro, grazie a loro e attraverso di loro. Ricordarli vivendo, vivendo la nostra vita portandoli sempre nel cuore. Questo vuol dire celebrarli. Onorando la vita che ci hanno donato.

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