La cura e l'amore signori miei.

 

L’altro giorno sono andata in un centro medico per una visita. Tre quarti d’ora del tempo delle persone dedicate all’accettazione anziché alla cura. Non ci avevo mai fatto caso. La burocrazia vince sulla terapia, sulla cura?

La dermatologa mi dice che i miei nei solitamente vengono a persone molto anziane, ed è strano che siano venuti a me in così giovane età. Le rispondo che si vede che sono vecchia dentro, lei non ride nemmeno della battuta ma continua a parlare di quello che sta dicendo.

Se vuole c’è un chirurgo estetico che li toglie

A me fa strano che per dei nei debba andare nello stesso posto dove va chi si rifà il seno, gli zigomi o altre parti del corpo.

Sono nei genetici, niente di preoccupante. E’ solo una cosa estetica.

In pratica sono soggetta ad averli. Una parte di me dice che effettivamente è una considerazione sul lato estetico che va considerata, un’altra parte di me forse poeticamente pensa che se sono parti di me (genetiche) forse ha senso che rimangano li dove sono. Forse sono un segno di saggezza (o di vecchiaia). Chi sarebbe Morgan Freeman senza i suoi nei sul viso?

Comunque tutta questa faccenda mi fa pensare.

L’estetica batte tutto. E’ un business: hai i denti storti? Fatteli raddrizzare. Scheggiati? Ti mettiamo il pezzettino mancante. C’è qualcosa di brutto sul tuo viso? Togliamolo.

Ma è necessario? A chi serve?



Poi di fronte a questi centri medici (privati) che ti trovano posto in due secondi per fare una visita, dove ti visitano in dieci minuti e ti fanno l’accettazione in quarantacinque, il medico è talmente preso dalle sue considerazioni che non riesce nemmeno ad entrare in empatia con la persona, a ridere di una battuta. E’ questa la medicina? Sono questi i medici? Sentirsi trattati come un sintomo, un neo, un dente storto da raddrizzare.

E dall’altra Rsa che fioccano come neve a dicembre. Come mai? A chi interessa la cura dell’essere umano? La cura che passa attraverso lo sguardo, l’ascolto, l’accoglienza, l’empatia, l’entrare in relazione? Che cos’è la medicina oggi? Le persone sono importanti, o sono sintomi? Difetti da togliere?

Io credo che la medicina che etimologicamente è connessa al verbo latino mederi, che vuol dire "curare", "guarire", "risanare" passi dalla relazione, dalla capacità di vedere l’altro: prima con gli occhi e poi con il cuore, saperlo “sentire” che non vuol dire solo ascoltare in senso lato ma anche con organi di senso più ampi che abbracciano il corpo fisico, il corpo eterico, lo spazio tra le parole, che danno valore allo sguardo, ai gesti, ai movimenti, ai detti, ai non detti, ai sospesi. La persona ha un valore, sempre. Con la sua storia, le sue solitudini, i suoi sorrisi, le sue malinconie. E saper curare, sapere e voler guarire qualcuno non può prescindere da tutti questi aspetti, dalla storia delle persone, la storia oggettiva (per quanto una storia possa esserlo) e la storia che si racconta o che le hanno raccontato.

E’ questa la medicina che vorrei. E’ questo che spero che la cura diventi sempre di più. E’ a questo tipo di guarigione che voglio mirare sia per me sia per le persone, specialmente con le mie sessioni. Non ho bisogno di conoscere i tuoi dati anagrafici per fare un lavoro di guarigione con te o per te. Ho bisogno di contattare te, la tua storia. Che cosa hai vissuto, che cosa hai attraversato, quali lacrime sono rimaste nelle cellule più nascoste di te, dove sta la tua luce, dove sta la tua ombra. Ora non dico che i centri medici debbano prescindere da certe procedure. Idealisticamente sarebbe bello se la burocrazia si snellisse un po'. Ma la relazione, la relazione signori miei volete guardarla? La prossima volta che un anziano vi racconterà che ha male alla schiena o alla spalla, lo guarderete negli occhi? Osserverete dove vanno le rughe sul suo viso? Se la sua mano si poggia sul ginocchio per accarezzarlo e se le sue spalle sono ricurve come se si stesse proteggendo da qualcosa? Ascolterete le sue parole? Guarderete il fazzoletto che esce bianco dalla tasca della sua giacca? Guarderete le sue mani che si poggiano magari sul bastone? O il gesto che fa per inforcare gli occhiali e leggere il referto? Fateci caso da oggi in poi perché tutte queste cose raccontano una storia e se la ascolterete di fronte avrete un uomo e non un paziente. E tutto cambierà, a partire da voi.

 

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