Haiku - Adrian Henry
Da qualche giorno mi è tornata in mente una poesia che ho scoperto al liceo e ho deciso di guardarla un pò più da vicino.
Si tratta di un haiku, un componimento poetico che nasce in Giappone e che cattura in pochissimi versi una sensazione. In giapponese il termine significa "verso di un poema dal carattere scherzoso". Si tratta di un modello apparentemente molto semplice ma che invece segue uno schema complesso perché si articola in un numero di sillabe preciso. Più che di sillabe sarebbe più corretto parlare di more, che sono una sorta di unità di misura del suono. Se la sillaba è ciò in cui si può scomporre una parola, la mora ha in fonologia più o meno la stessa funzione.
Il componimento poetico dice molto dell'autore.
Adrian Henry nasce in Inghilterra intorno allo stesso periodo in cui in Europa si diffonde la moda della haiku, negli anni trenta del XX secolo. Vede sicuramente la guerra ed è un artista a tutto tondo, leader anche di una band. Questa attenzione alla musica la ritroviamo proprio nella scelta di questo modello di rappresentazione della realtà che si alimenta di note musicali.
Siamo ad Hardman street, una viuzza di Manchester che esiste davvero. È mattina, piove e c'è vento, una donna con l'impermeabile rosso attraversa la strada e sembra un papavero mosso dal vento.
La scena è questa. L' haiku cattura due colori, qualche fugace sensazione e scatta una foto alla scena.
Rosso, bianco, il freddo dell'Inghilterra, la pioggia. Lo sguardo sorpreso di un uomo che vede passare come in un battito di ciglia le gambe snelle di questa donna che immagino sottile e pò scarmigliata. Mentre si aggiusta i capelli, si stringe in questo impermeabile, si guarda attorno e cerca un posto in cui ripararsi dal vento.
È questo che mi ha affascinato della poesia. Il poeta dipinge una vita intera con pochi tratti e si avvale di un immagine potente. Un papavero. È un fiore molto delicato e sottile, che nasce a maggio/giugno e che ha un grande potere simbolico: rappresenta la consolazione, il sonno, la serenità (dal papavero si estraggono ancora oggi sostanze oppiacee). Nell'Inghilterra del primo dopoguerra si usavano corone di papaveri per ricordare i militari caduti in guerra. Ne "La guerra di Piero" De Andrè parla dei papaveri che vegliano dei soldati uccisi nei capi di grano. Che l'utilizzo del fiore nella poesia di Adrian Henry fosse un' allusione alla guerra? O alla morte?
La poesia non ha titolo e anche questo la rende molto singolare. Sembra che sia un pò l'occhio di un passante qualunque rivolto al mondo. Un colore, forse un profumo, la sorpresa di vedere questa bellezza delicata tra il grigio di una mattina qualsiasi e questo impermeabile quasi evanescente a disegnare i fianchi della protagonista mosso qui e là come i petali delicati e fragili di un papavero.
Una foto scattata così nella fretta, nel sonno di un risveglio affollato di pensieri. E lei, come si sarà sentita, attraverso gli occhi curiosi e attenti dello spettatore?
Non c'è una risposta universale. Ognuno può trovare la propria.Il bello della poesia è proprio questo: è tutto nella mente di chi legge. E il poeta è un veicolo di questo "tutto". E lo spettatore con una scelta stilistica come quella di Adrian Henry è in prima fila in questo spettacolo di vita e di interpretazione.
non so chi sia l'estensore della nota, molto interessante per il contenuto, però carente nella punteggiatura e nell'ortografia (po' è un troncamento e non si scrive pò, come qui ripetuto per ben tre volte). credo che una redazione debba essere più attenta a queste cose.
RispondiEliminaÈ bello avere dei lettori attenti come te. L'estensore della nota sono io! Sono contenta che tu l'abbia trovata interessante. Provvederò ad apportare le modifiche, alla prossima! E grazie!
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