Qualche giorno fa sono stata ad un
evento chiamato world eye contact. Non sapevo bene cosa fosse e mi
sono buttata in questo “esperimento” in cui ai partecipanti era
chiesto di guardare negli occhi per un minuto almeno, un perfetto
sconosciuto.
Guardarsi negli occhi. Sessanta
secondi. Sembra facile, no? E no.
Nella vita quotidiana siamo schermati,
nascosti da occhiali da sole, ruoli professionali e a volte sociali.
Abbiamo l'ironia, il sarcasmo, in generale la parola come “maschere”
protettive. Ci proteggono ma al contempo ci allontanano dagli altri.
E poi ci sono gli smartphones. Questa prolunga umana, questa porta di
accesso ad una realtà ovattata ed alternativa. Così abbiamo perso
la capacità di guardare negli occhi le persone, una cosa così
semplice e naturale. Siamo sempre li a controllare quante notifiche
su Facebook, quanti “mi piace” quanti messaggi su whatsapp. Come
se fossero l'eco del nostro successo. Come se dicessero al mondo che
esistiamo davvero, che siamo “visti” e che vediamo. Ma in realtà
vedere non vediamo. Non più, almeno. Così quanto ti ritrovi a
guardare un ragazzo negli occhi, senza parlare, in un lunghissimo
minuto del tuo tempo, occhi negli occhi, senza argomenti di
conversazione ti senti completamente persa. E nuda. Senti di esser
sola con tutta te stessa, quello che sei e che pensi e le tue paure e
il tuo corpo, i peli superflui e i punti neri sul naso. Insomma tutti
i difetti in bella vista, li spalmati sulla faccia, senza difese.
Chissà cosa sta pensando. Penserà
che sono brutta? Di una bellezza dozzinale? Lo sapevo dovevo mettere
un colore più vivace, il beige mi sbatte troppo. Starà guardando i
peli del naso? Mi sembra di avere una paresi facciale, sudo.
E un minuto può sembrare anche cinque
anni.
Perché siamo ormai talmente abituati a
stare sempre li con gli occhi fissi al cellulare, che non riusciamo
più a cogliere la bellezza, la semplicità e l'intensità di uno
sguardo. E ho visto sguardi che hanno saputo guardami dentro,
arrivare all'anima ed abbracciarmi. Sguardi che avevano bisogno di
essere rassicurati, sguardi ammiccanti e divertiti. Sguardi nervosi
che volevano imparare la fiducia. Sguardi calmi, decisi,
rassicuranti. Occhi in cui sono riuscita a trovare una quiete, un golfo di tranquilla solidità. Negli occhi di un ragazzo, ho
ritrovato lo sguardo di mio padre, come se potesse guardarmi
attraverso di lui, come se non se ne fosse mai veramente andato. E
poi ho ritrovato uno sguardo che pareva il mio, uno specchio negli
occhi di una ragazza del sud.
Occhi, vite, sensazioni. La
consapevolezza che uno sguardo sa dire sempre più di mille parole.
Eppure perché oggi preferiamo un
“like” su Facebook ad uno sguardo? Perché stiamo sempre in un
altrove cosmico, in una dimensione che non esiste, che è irreale ed
impalpabile?
A volte più si va avanti e più si
torna indietro. A volte per andare avanti bisogna tornare un po'
indietro. Alla bellezza semplice delle cose che ci appartengono da
sempre. Guardarsi, vedersi. E visti così come mi sono sentita io non
ci si sente mai o di rado. In quegli sguardi ho vissuto mille vite
diverse, ho sentito più che visto. Ed oggi guardo alle cose e alle
persone in maniera diversa o meglio guardo e vedo davvero. Non siamo
soli. Guardate attorno a voi e scoprirete un mondo inaspettato.
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