Chiudo questa porta in maniera
definitiva. Infilo la chiave nella toppa la giro e la butto via. E'
un addio. Per sempre. Ma come funziona con gli addii? Sono
definitivi? Hanno l'eternità che la maggior parte delle storie
d'amore non hanno? Quando diciamo addio lo diciamo per sempre?
Sono stata per anni in qualcosa che mi
sono resa conto di non volere da un bel pezzo. Succede a volte. Ma la
cosa più strana e brutta è non riconoscere la persona con cui ho
percorso un gran tratto di strada. Non vedere più nulla in quello
sguardo. Chiedersi cosa ho visto in quelle spalle larghe e in quelle
ciglia lunghe. Se le persone che hanno fatto parte della nostra vita
portano con sè un pezzo di noi dove sono finita? Dove è finito
quello che c'è stato?
È come guardarsi indietro e vedere
tutto buio. Percorrere una scala che porta da un lato all'altro della
montagna e nel percorrerla voltarsi indietro e vedere il vuoto. Più
vado avanti più si sgretola la strada fatta con te. Forse però e
per fortuna si arriva ad un punto in cui si può solo andare avanti e
voltarsi indietro non ha alcun senso .
Ho sbagliato. In molti modi e molte
volte. Ma non importa più. L'unica cosa che resta è la sensazione
di fango addosso. Di essermi sporcata in qualcosa che alla fine ho
capito di non volere. Una relazione che mi aveva dato ma mi aveva
anche tolto e alla fine mi aveva sporcato, allontanandomi da me
stessa. Alla fine di tutto, alla fine di un percorso che ho
attraversato da sola da quel fango mi sono affrancata, mi sono
salvata. E sono sicura che qualcuno mi ha teso la mano per uscirne.
E mi è capitato di passare attraverso
il fango più di una volta in questo duemilasedici. Prove continue e
costanti, buchi nell'acqua, scivolate veloci. Ma ne sono uscita. A
volte succedono cose che non sai spiegarti. Eppure sono lì davanti
ai tuoi occhi, che ti camminano addosso e a volte arrivano a
calpestarti. Sono lì. Sono prove? Oppure è che si sbaglia sempre?
Ma sbaglia solo chi è disposto a viverle le cose, anche quando
viverle vuol dire commettere errori. E ci si allontana da se stessi.
Ci si guarda da lontano, a volte si arriva a non riconoscersi. A
volte ci si chiede il senso di quanto ci è capitato, del lato oscuro
che abita in ognuno di noi. A volte per capire chi siamo dobbiamo
attraversare anche quei momenti. Per conoscerci. Per non sbagliare
più o per sbagliare di meno. Perché le scelte che arrivano dopo gli
errori sono scelte più consapevoli, che ci assomigliano di più.
Scelte in cui riusciamo a riconoscerci. E così arriviamo a
comprendere. Capire che può succedere a tutti di scivolare per un
po'. Capire che la forma più grande di amore è la comprensione. È
smettere di puntare il dito contro chi nel fango ci finisce . Capire
che siamo un universo di mondi diversi, contraddittori e incostanti,
imprevedibili e incoerenti. Siamo questo. Tutti, indistintamente. Che
nessuno di noi è definibile in maniera univoca ma che il bello è
proprio questo.
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