Eccola qui una poesia che mi è
capitata per caso e mi è piaciuta. L'autore è Frank Bidart,
professore, poeta e vincitore di un premio Pulitzer per la poesia.
In Guilty of Dust l'amore, secondo
quanto sostiene lui è la distanza tra noi e ciò che amiamo, come
se fosse funzionale a colmare un vuoto interiore. È una spinta verso
ciò che desideriamo e che ci manca, ed è una strada, il nostro
destino.
L'amore come forza positiva ma anche
distruttrice, come qualcosa contro cui o in virtù di cui lottiamo e
che per la sua intensità ci riduce in polvere (=dust).
Una forza incontrollabile, una voce che
non si può non ascoltare. E' il desiderio di sparire dentro l'arte
in tutte le sue forme, esserci senza esserci davvero, completamente
avviluppati in una dimensione che è altro dal reale.
E tutta l'energia che pervade questo
palcoscenico che l'autore sembra aver messo in piedi in questa
poesia: una forza tracotante che sembra circondare autore e lettore
in un unico e stretto abbraccio.
Una poesia che è visiva e i cui primi
versi sembrano un urlo rivolto alla folla (dato che sono scritti in
maiuscolo) e forse i caratteri in maiuscolo servono a mettere in
rilievo (un rilievo visivo oltre che contenutistico) i concetti
cardine del componimento.
La poesia è divisa in tre parti da tre
asterischi, come se si trattasse di tre scene in cui i concetti si
snodano.
Il primo e l'ultimo verso chiudono al
centro una scena in cui l'autore ci mette a parte della sua vita e ci
coinvolge nel contesto in cui è inserito tra attori, amici e
famiglia. Solo in questa parte del testo l'autore spunta e si
affaccia sul palco, utilizzando il pronome personale I.
Nel resto del brano invece il suo modo
di approcciarsi è impersonale. Come se stesse svelando al pubblico
una verità assoluta e universale.
Potrebbe anche trattarsi di una canzone
dato che alcuni versi sono ripetuti come se si trattasse di un
ritornello (ex: “what you love is your fate).
E l'idea di una sorta di eccitazione
febbrile del poeta che lo porta a sentire una voce dentro la sua
testa: questo è un tema che Bidart ha spesso affrontato nelle sue
opere, il tema dell'insanità mentale che si inserisce nella corrente
della Poesia Confessionale in cui l'autore si confessa con il suo
pubblico, mettendosi a nudo e utilizzando la prima persona.
Insomma siamo ciò che desideriamo. E
ciò che amiamo ci porta alla fine di noi. Ed è una forza
incontenibile che ci sovrasta e ci rapisce e che ci rende colpevoli
(=guilty). Questo rende molto bene l'idea dell'ineluttabilità della
vita e del nostro destino che ci vede proprio di fronte ad un
pubblico ad ammettere, proprio come una confessione di fronte ad un
tribunale, che siamo colpevoli.
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